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Dunque ci siamo. Da lunedì 7 dicembre e fino al 18, in quel di Copenhagen si svolgerà la Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici, e vedremo se sarà l’ennesima (e forse ultima) occasione persa o se si trasformerà in qualcosa di utile per cercare di invertire una rotta che sembra portare il Pianeta dritto verso la catastrofe.


È vero, ci sono ancora gli scettici, coloro che ritengono il global worming causato da fattori non dipendenti dall’uomo, ricomparsi anche durante la recente polemica sollevata da alcuni hacker negazionisti i quali, rubando a un gruppo di climatologi qualcosa come 13 anni di email, sostengono che gli scienziati hanno truccato i dati per piegarli alle loro teorie (prontamente smentito dagli autori), ma – a parte suggestive (quanto tutte da verificare) teorie cosmiche – sono ormai pochi quelli che sostengono l’origine non antropica del riscaldamento globale. Del resto, dall’altra parte della barricata, arrivano quasi ogni giorno conferme dirette e indirette del ruolo da protagonista assoluto che ha il genere umano nei cambiamenti climatici. Non serve cercare molto, sempre su QualEnergia.it si possono leggere le conclusioni alle quali è giunto Il Global Carbon Project che, a causa del costante aumento delle emissioni di gas serra nell’atmosfera (+29% dal 2000 a oggi), prevede un aumento di 6° C entro la fine del secolo dovuto anche alla ormai scarsa capacità del nostro pianeta di assorbire l’anidride carbonica.

A Copenhagen ci si arriva con, almeno sulla carta, le buone intenzioni di Usa e Cina che però tanto buone non sono, come un’interessante analisi di Ecoblog sembra dimostrare. I due giganti mondiali del resto non avevano fatto sperare niente di buono, almeno stando alle dichiarazioni di Obama in visita nel Paese asiatico.
Usa e Cina non a caso, perché di fatto sono i simboli delle due facce del problema: da un lato il consumismo sfrenato dell’Occidente rappresentato dall’America campionessa del mondo quando si parla di inquinamento (l’impronta ecologica di un americano equivale a 9,4 ettari, praticamente il doppio dei 4,8 di un italiano; uno statunitense produce una tonnellata di CO2 in 2 settimane, gli altri abitanti del pianeta la producono in un mese ecc.) e che non vuole perdere i propri privilegi e lo stile di vita; dall’altro la Cina in una simbolica rappresentanza dei Paesi emergenti che, come accade anche all’India, dal 2000 hanno raddoppiato le loro emissioni e che non digeriscono proprio il fatto che dopo secoli di inquinamento del solo Occidente debbano pagare il conto (leggi drastici tagli alle emissioni) proprio loro.

Insomma in questo quadro arriva l’appuntamento di lunedì nel quale vedremo se come sempre prevarranno le logiche del mercato e gli espedienti come le “carbon offset” oppure ci sarà un’inversione di tendenza. Personalmente sono molto scettico sulla possibilità che i governanti prendano decisioni importanti per il clima ma traumatiche per il sistema economico, molto più semplice la logica del rimandare le decisioni che contano rendendo di fatto sempre più grave la situazione.

Sono invece convinto che la vera rivoluzione ambientale debba partire dal basso, da tutti noi, che con le nostre scelte condizioniamo e direzioniamo l’economia globale. Non si tratta di cambiare radicalmente le nostre abitudini ma, almeno all’inizio, a perdere quelle dannose per l’ambiente. Come per esempio ridurre drasticamente l’uso della carne; guardate, non sono un fanatico assertore del vegetariano a tutti i costi ma, e non me ne vogliano gli occupati del settore, se si considera che l’allevamento di bestiame vale da solo il 51% delle emissioni di gas serra si arriva per forza alla conclusione che è fondamentale ridurne il consumo;  come del resto di tutto il cibo in generale: ma vi sembra normale che, nella sola Italia, siano più di 500.000 le tonnellate di prodotti alimentari che finiscono in discarica? C’è qualcosa che non funziona in questo sistema e ne siamo tutti complici: sfido a lasciare un commento a chi non capita almeno una volta alla settimana di buttare cibo direttamente nei rifiuti…

Sono comunque tante le piccole cose da fare quotidianamente per rendere meno dirompente il nostro impatto sull’ambiente (ne ricordo uno per tutti, semplicissimo, spengere le luci e i led degli elettrodomestici in standby non solo quando si va in vacanza…), ed è facile trovare delle miniguide che aiutano a migliorare il nostro rapporto con l’ambiente (ieri per esempio Repubblica cartacea ha dedicato il suo inserto R2 all’argomento); io vi consiglio il decalogo redatto da Monteveglio città di transizione, semplice e facilmente applicabile alla vita di tutti i giorni: leggetelo, dalla pagina è pure possibile scaricarlo.
Cosa altro aggiungere? solo un in bocca al lupo al caro, vecchio pianeta Terra, ne ha davvero bisogno.