Anice verde, tonificante dello stomaco, digestivo e regolatore dell’attività gastrointestinale

Masticare semi di anice favorisce la digestione e profuma l'alito
L’anice verde (Pimpinella anisum L.) della famiglia delle Umbelliferae è una pianta erbacea annuale spontanea, alta circa 80 cm., originaria delle zone del bacino Mediterraneo. Le foglie non sono molto numerose e sembrano differenti per forma, secondo la posizione che occupano lungo i fusti. I fiori sono piccoli, biancastri, e disposti in infiorescenze a forma di ombrella. Molti la conoscono soltanto per il suo contributo nei dolci, in realtà è utile su molti fronti, primo fra tutti la cattiva digestione e la sonnolenza successiva al pranzo. Nell’antica Roma, secondo Plinio il Vecchio aveva 2 caratteristiche: stimolare il sonno e risaltare la freschezza del viso. Le parti utilizzate sono i frutti (chiamati erroneamente semi), che contengono olio essenziale ricco di anetolo (70-90%), flavonoidi e cumarine. L’olio essenziale, ricco di anetolo e carvacrolo, è la parte generalmente usata in fitoterapia. Read More

E tre! Florablog Contest: alberi monumentali, i Ficus macrophylla del Parco d’Orleans a Palermo

Ficus magnolioides del Parco d'Orleans a Palermo
Chi legge con frequenza queste pagine sa che c’è un certo feeling tra Florablog e la città di Palermo: Giuseppe Marino collabora con buona frequenza al blog, un altro Giuseppe (sempre di Palermo) mi ha a suo tempo spedito i semi della zucca serpente di Sicilia con i quali ho poi ho ottenuto le piante per l’innesto erbaceo e molti altri lettori del capoluogo siciliano si collegano e commentano i vari post. Ora questo fruttuoso asse siculo-toscano si arricchisce di un nuovo capitolo grazie a Sandro che ha partecipato al Florablog Contest sugli alberi monumentali spedendo le foto non di uno ma di ben due Ficus macrophylla presenti in città!

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Innesto erbaceo per approssimazione, piccoli esperimenti crescono…

Innesto erbaceo per approssimazione di un cocomero sulla lagenaria
Dopo più di tre settimane di pioggia ininterrotta sono ormai quattro giorni che un cielo praticamente sgombro da nuvole ci dona delle splendide giornate e ci da finalmente il tempo per poter riprendere i lavori nell’orto che quest’anno sono davvero in un ritardo clamoroso. Proprio per l’interminabile “stagione dei monsoni” di cui sopra, gli orti della zona sono per lo più privi di ortaggi e quei pochi che avevano rischiato le prime piante a dimora sono nella maggior parte dei casi costretti a ripartire da capo, visto che quest’ultime sono letteralmente affogate. C’è poco da fare, quest’anno è andata così, ma tutti i lavori rimandati dell’ultimo mese si ripresentano ora insieme creando una lista lunghissima di cose da fare. Come per esempio la sistemazione delle piante innestate con il metodo dell’innesto erbaceo per approssimazione che ho umilmente sperimentato seguendo le indicazioni dell’ottimo video che Giuseppe ha girato in proposito.
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Il biotrituratore, per produrre compost anche dal materiale di scarto legnoso


Il problema non è da poco, lo sa bene chi vive in campagna. Ogni anno, specialmente in questa stagione, tra rami, ramaglie e scarti vari, le parti legnose e semilegnose potate o estirpate dal proprio terreno possono diventare una massa importante da smaltire e per farlo spesso viene scelta la strada più semplice, ovvero bruciare il tutto. Il guaio è che (almeno a livello mesoscopico) “nulla si crea e nulla si distrugge” e tramite l’azione del fuoco non si fa altro che trasferire il nostro scarto dal suolo all’atmosfera che, poverina, non ne ha certo bisogno scambiata da tutti com’è per la pattumiera del pianeta.
Eppure una soluzione c’è: il legno è, ovvio, un materiale naturale che, come tutto quello che ha origine organica, si decompone e con il tempo si trasforma nel prezioso humus, solo che lo fa più lentamente rispetto agli scarti di cucina che di solito dirottiamo nella compostiera. Per accelerare questo processo di decomposizione è possibile usare una macchina semplice quanto efficace, il biotrituratore.
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Lupino, un nuovo aiuto per il cuore

Lupino, un nuovo aiuto per il cuore
Dopo i ceci, la soia, le lenticchie e i piselli, torniamo a parlare di legumi con un nuovo ingrediente utilizzato dalle industrie alimentari e dietoterapiche, innanzitutto perché non contiene glutine: il lupino (Lupinus luteus).
Appartenente alla famiglia delle leguminose, il lupino ha origini antichissime, i suoi semi sono stati ritrovati nelle piramidi egizie e Maya. Le prime coltivazioni risalgono a circa 4000 anni fa, sia nell’area del Mediterraneo, che nelle zone del Sud America. Il lupino era conosciuto anche da Greci e Romani, e nel 460 a.C. Ippocrate ne esalta le sue proprietà e la sua digeribilità. Interessante la sua composizione chimica: nei semi si trovano un alcaloide (lupanina 1%), acido citrico e acidi organici, resine, olio, fitina, lecitina, lupeolo, albumina, galattosio e arginina. Il lupino contiene degli alcaloidi affini al gruppo della sparteina. Recentemente è stato oggetto di una lunga sperimentazione, che ha coinvolto nutrizionisti e alimentaristi, allo scopo di offrire maggior qualità nutrizionali soprattutto alle persone affette da celiachìa. Durante questi studi sono venute alla luce altre proprietà benefiche molto interessanti, riguardanti soprattutto il cuore. Read More

L’Equiseto dei campi, fungicida naturale


L’Equiseto dei campi (Equisetum arvense) appartiene all’unico genere rimasto in vita della famiglia delle Equisetaceae ed è considerato un “fossile vivente”, ovvero una pianta che, come per esempio il Ginkgo biloba, le Cycas, l’Araucaria araucana e le felci, è sopravvissuta all’estinzione toccata in sorte alle sue consimili qualche era geologica fa oppure perché, nonostante le altre si siano evolute, è rimasta uguale a sé stessa per un lungo periodo temporale. E infatti osservandolo da vicino ti accorgi dalla sua forma bizzarra, quasi “aliena”, che si tratta davero di una pianta molto antica: si fa risalire la sua nascita a circa 300 milioni di anni fa mentre resti fossili di specie appartenenti alla famiglia delle Equisetaceae risalgono addirittura al Devoniano ovvero qualcosa come 395-345 milioni di anni fa. Senza dilungarsi sulla sua morfologia (che potete approfondire partendo dalla pagina di Wikipedia), basta ricordare che sono piante più primitive delle Angiosperme, si riproducono tramite la produzione di spore e per questo non da molto sono state incluse (non senza qualche polemica) nella divisione delle Pteridofite (la stessa dele felci). Tra le tante caratteristiche peculiari, le proprietà fitoterapiche e quelle cosmetiche va aggiunto che con l’equiseto si può ottenere un decotto e un macerato utili come fungicida naturale.
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OGM sì, OGM no, e se i MAS mettessero tutti d’accordo?


Il dibattito sugli OGM, si sa, non prevede molte adesioni al partito dei moderati: di solito o si è a favore o si è contro. Le posizioni poi sono in genere inconciliabili. Da un lato i favorevoli sottolineano che, grazie alla loro (presunta) resistenza a parassiti e malattie e alla loro alta produttività, gli Organismi Geneticamente Modificati possono avere un ruolo fondamentale nella lotta alla fame e alle carestie, oltre a favorire l’abbandono dell’utilizzo di pesticidi e veleni vari; dall’altro i contrari che denunciano proprio la loro inefficacia nel resistere agli attacchi, presentano studi che proverebbero la loro potenziale pericolosità per la salute degli esseri viventi e soprattutto esprimono forte preoccupazione per l’imprevedibilità delle conseguenze che potrebbero scaturire dall’interazione tra il loro codice genetico e quello degli organismi naturali. Nonostante l’opinione favorevole di buona parte della comunità scientifica e delle ultime decisioni prese in sede europea l’adozione degli OGM non convince gli Stati singoli e molti Paesi tra i quali Austria, Germania, Lussemburgo e la stessa Italia hanno adottato misure restrittive che di fatto rendono impossibile la loro coltivazione. Insomma la controversia è sempre più accesa e fino a oggi tra i due schieramenti sembra impossibile un compromesso. Fino a oggi, perché da un po’ di tempo gli scienziati di diversi Paesi, tra i quali il nostro, stanno sviluppando una tecnica detta Marker Assisted Selection (MAS) che promette di mettere tutti d’accordo.
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Video, innesto ad anello o a flauto


Grazie anche al fondamentale apporto dei lettori questo blog si sta sempre più specializzando nei vari tipi di innesto. Dopo il notevole video di Giuseppe Marino sull’innesto erbaceo per approssimazione è infatti la volta di un altro abituale lettore che ci illustra una tecnica tanto facile quanto efficace: l’innesto ad anello o a flauto.
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Piante Solanum torvum in fiore e pronte per diventare l’albero delle melanzane

Piante di Solanum torvum in fiore a maggio

Con mia grande soddisfazione sono riuscito a far attraversare l’inverno a una decina di piante di Solanum torvum da me seminate lo scorso anno senza che queste subissero particolari danni e, quel che è più importante, le due piante speditemi da Francesco nel novembre del 2008 non solo sono esplose in una promettente fioritura (che se va in porto produrrà semi da mettere in palio nel Florablog Contest) ma hanno finalmente raggiunto un’altezza sufficiente per tentare l’innesto e ottenere così l’agognato albero delle melanzane.
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