L\'agricoltura verticale salverà il pianeta?
L’agricoltura ha cambiato le sorti dell’umanità: in soli 10.000 anni (un’enormità per noi, un battito di ciglia per il pianeta) siamo passati dal ruolo di raccoglitori e cacciatori  a quello che siamo diventati oggi e uno dei motivi fondamentali, se non il principale, è stato appunto la capacità sempre più perfezionata di coltivare il cibo necessario al nostro sostentamento, capace di alimentare il nostro successo evolutivo. Talmente di successo che nel corso del tempo abbiamo rimodellato l’ambiente che ci circonda in funzione dell’agricoltura, favorendo le colture e riducendo molti ecosistemi naturali in aree sempre più piccole o eliminandoli del tutto, fino ad arrivare agli oltre 800 milioni di ettari coltivati attualmente che corrispondono al 38% delle terre emerse. Nonostante queste imponenti cifre le terre coltivate non bastano, specialmente in prospettiva, visto che le stime sull’aumento demografico ci dicono che diventeremo 9 miliardi nel 2050. Ai ritmi attuali di coltivazione (che già non riescono a sfamare molti dei 6 miliardi di individui di oggi) per soddisfare il fabbisogno alimentare dei 9 miliardi di esseri umani del futuro servirebbe un’area coltivabile aggiuntiva uguale alle dimensioni del Brasile. E visto che il 38% delle terre emerse coltivate corrisponde all’85% di quelle che è possibile coltivare si capisce che quella alimentare diventa la priorità assoluta.
Una possibile soluzione al problema potrebbe venire da Dickson Despommier e dal suo team di studenti della Columbia University che da alcuni anni sta sviluppando un’idea dalle potenzialità promettenti: l’agricoltura verticale.

Estendendo su larga scala un concetto certamente non nuovo (numerose colture come fragole, pomodori, peperoni, cetrioli ecc sono comunemente coltivate in serra) il progetto di Despommier promette un’efficienza produttiva super vantaggiosa rispetto all’agricoltura tradizionale con un rapporto di 1 a 6 per quanto riguarda la superficie coltivata a parita di raccolto, con punte di 1 a 30 per alcuni tipi di colture come le fragole (si otterrebbe la stessa quantità di fragole coltivate in 30 ettari coltivando un solo ettaro con l’agricoltura verticale). Ma i vantaggi non finiscono qui: ogni anno un clima sempre più impazzito (siccità, inondazioni, freddo) si porta via una bella fetta della produzione mondiale, problema che non si pone per le coltivazioni al chiuso, senza contare che l’agricoltura verticale permette l’estrema razionalizzazione dell’acqua (solo il 5% dell’attuale sistema) e il possibile abbandono dei prodotti agrochimici tossici come per esempio i pesticidi e fungicidi. Altre importanti possibilità pfferte dall’agricoltura verticale sono:
1. garantire il fabbisogno alimentare della crescente popolazione mondiale con metodi sostenibili;
2. ripristinare ecosistemi fortemente penalizzati dall’agricoltura riconvertendo le aree coltivate;
3. usare in modo sicuro ed efficiente la parte organica dei rifiuti umani e agricoli per la produzione di energia, attraverso la generazione di metano, allo stesso tempo riducendo in maniera significativa le popolazioni di infestanti parassiti (ad esempio, ratti, scarafaggi);
4. bonificare le acque nere mediante la creazione di una tanto necessaria nuova strategia per la conservazione dell’acqua potabile;
5. sfruttare spazi urbani abbandonati ed inutilizzati;
6. interrompere il ciclo di trasmissione di agenti di malattie associate alla contaminazione
fecale dell’ambiente;
7. consentire la produzione alimentare per tutto l’arco dell’anno, senza perdita di raccolti dovuta a cambiamenti climatici o ad eventi correlati ad agenti atmosferici;
8. eliminare la necessità di un impiego su grande scala di pesticidi e diserbanti;
9. offrire alle industrie agrochimiche un nuovo ruolo principale, ovvero la progettazione e la produzione di diete sicure e chimicamente definite per un’ampia gamma di specie vegetali commercialmente proficue;
10. creare un ambiente che incoraggi la vita urbana sostenibile, la promozione di uno stato di buona salute per tutti coloro che scelgono di vivere in città.
Verrebbe da dire: troppo bello per essere vero e infatti un problemino ci sarebbe: i costi di produzione. Con la tecnologia oggi a disposizione infatti il costo dei prodotti sarebbe maggiore di quello dell’agricoltura convenzionale ma con i continui studi del professore e l’evolversi della tecnologia la soluzione a buona parte dei problemi alimentari sembra davvero dietro l’angolo.
Per approfondire:
Vertical Farm (in inglese)
Presentazione in PDF (in italiano)

  • lozonta

    vedi che ravanando ravanando ogni tanto una buona notizia la riesci a scovare… ultimamente mi sembri abbastanza ottimista sarà l’atmosfera natalizia?!

  • è che dalle alte sfere continuano incessanti gli appelli all’ottimismo, che faccio, non mi adeguo?…

  • Peppe da Marsala

    Ciao Gianni. Scusami ma questo tuo intervento a favore di questa agricoltura altamente tecnologica mi lascia un pò disorientato. Forse ti sei adeguato troppo?? Mi era sembrato che protendevi sempre per una agricoltura legata il più possibile ai ritmi biologici naturali, che non eri molto in sintonia col sistema produttivo serricolo, che a ogni piè sospinto ci incoraggiavi a scegliere solo frutta e verdura di stagione e possibilmente locale, insomma mi stona un pò questo tuo elogio del “high tec” agroalimentare. Io da parte mia non arrivo a essere così ottimista da credere che un sistema del genere non impieghi sostanze estranee ai cicli della natura, sarò disinformato sull’argomento, ma mi sembra strano che possano essere abbandonati i pesticidi e i funghicidi. Vorrei comunque proporre un’altra riflessione, che in questo blog non ho mai avuto occasione di trovare. Una soluzione più semplice potrebbe essere quella di cambiare le nostre abitudini alimentari. Passare ad una alimentazione completamente vegetariana o vegana, o comunque ridurre di moltissimo gli attuali trends di consumo di carne e derivati nei paesi occidentali, sono convinto che risolverebbe gran parte dei problemi suesposti, senza contare che la fame nei paesi del terzo mondo è causata proprio dal fatto che milioni di ettari di terreno dei paesi in via di sviluppo, la gran parte della terra arabile, vengono utilizzati per coltivare vegetali che diventano mangime per animali invece che cibo per gli uomini. L’USDA (Dipartimento di Stato per l’Agricoltura degli Stati Uniti) e le Nazioni Unite dichiarano che utilizzare un ettaro di terra per allevare bovini produce circa 22 kg di proteine. Se invece lo si coltivasse a soia, lo stesso ettaro renderebbe 403 kg di proteine. La zootecnia inoltre spreca preziose risorse idriche. I biologi Paul e Anne Ehrlich fanno notare che per coltivare un kg di frumento servono 200 litri d’acqua, mentre 1 kg di carne richiede dai 20.000 ai 40.000 litri. Secondo il gruppo Vegfam, un terreno di 4 ettari può “dare da mangiare” a 60 persone se viene coltivano a soia, a 24 se coltivato a frumento, a 10 se a granturco e solo a 2 se utilizzato per l’allevamento del bestiame. Negli USA, riducendo anche solo del 10% la produzione di carne si avrebbe cibo vegetale per sfamare 60 milioni di persone: così stima il nutrizionista Jean Mayer. Sessanta milioni di persone sono la popolazione della Gran Bretagna, una nazione, che, detto per inciso, potrebbe sfamare 250 milioni di persone con un’alimentazione completamente vegetale. A questo possiamo aggiungere anche le altre sterminate distese destinate a produrre banane, ananas, caffè, the, cacao, tanto per citare alcuni prodotti di larga produzione coltivati nei paesi poveri e consumati quasi esclusivamente nei paesi ricchi, prodotti che comunque non apportano nessun nutriente indispensabile che non si possa già trovare in una dieta ben equilibrata con prodotti locali, a meno che non vogliamo dar seguito alle ricerche pseudo scientifiche (finanziate da chi??) sulle meravigliose qualità terapeutiche del cioccolato sul cuore. Per avere un cuore sano basta ridurre al minimo (o eliminare per chi riesce) il consumo di carne e derivati, che sono i prodotti che più contribuiscono all’incidenza delle cosiddette malattie del benessere.
    Ti chiedo umilmente perdono per la lunga tirata, non vorrei assolutamente sembrare quello che si mette in cattedra, ma l’argomento mi appassiona molto, e mi suonano sempre un pò false e interessate le soluzioni tecnologico-scientifiche mirabolanti, quando le soluzioni vere potrebbero essere molto più semplici e a portata di mano già nelle nostre abitudini quotidiane, come tu stesso tante altre volte ci hai già ricordato.

  • Ciao Peppe,
    sottoscrivo in pieno quel che dici, questo blog è giovane ma ha, come hai potuto sottolineare, le idee piuttosto chiare per quanto riguarda questi argomenti. Allora perché ho proposto questa tecnica? perché quello che promette, al di là dell’high tech, è molto interessante (pensa all’ottimizzazione dello spazio, alla estrema razionalizzazione dell’acqua, al fatto che i prodotti sono disponibili in loco, alla teorica abolizione di sostanze chimiche, per dirne solo alcune) e se aspettiamo la sensibilizzazione dell’opinione pubblica su questi argomenti temo che il tempo rimasto prima del tracollo totale sia veramente insufficiente. Nel mio piccolo provo a sensibilizzare la gente a cambiare abitudini alimentari, come per es proponendo il piccolo sacrificio di non consumare frutta e verdura non stagionale o che proviene dall’altro capo del mondo, ma è come pretendere di spengere un incendio con un bicchiere… Non mi fraintendere: non mollo il mio atteggiamento, continuerò con le mie idee convinto che se solamente un lettore rifletterà su questi argomenti sarà già una grande conquista. Detto questo ben vengano però ipotetiche soluzioni anche ipertecnologiche, non sono prevenuto a priori, purché si rivelino reali soluzioni e non surrugati di esse. E poi, credimi, Despommier non è uno sprovveduto…
    Per ultimo non devi assolutamente scusarti per la completezza del tuo intervento, averne! anzi ti ringrazio per il contributo e per la riflessione, anche se qui, di interessato rispetto alle soluzioni tecnologico-scientifiche, ti assicuro che non c’è proprio niente…
    A presto

  • Peppe da Marsala

    Non volevo dire che voi del blog abbiate qualche interesse particolare nel proporre questa idea. Mi riferivo agli interessi di chi investe in “grandi opere”, omettendo di considerare soluzioni più semplici e di buon senso, appunto perchè queste ultime non fruttano nessun “interesse” per loro. E’ come in un aneddoto di K. Trudeau, in un suo libro che parla degli interessi delle case farmaceutiche. Un tizio va dal medico e mentre parla con lui continua a darsi martellate sull’alluce; “dottore l’alluce continua a farmi male, cosa posso fare?” E il medico: “provi con questo analgesico vedrà che il dolore passerà”. Il paziente prende il farmaco ma intanto continua a darsi martellate, quindi dopo un pò torna dal medico dato che il dolore non accenna a diminuire. “Dottore le pillole hanno funzionato per un pò ma adesso è ritornato il dolore”, e il medico: “beh, mi spiace dirlo ma a questo punto non ci rimane altra soluzione che quella di amputare”.

  • Ottimo esempio, e rende perfettamente l’idea della situazione, ma credo (e spero) che la soluzione prospettata da Despommier non sia l’analgesico, almeno potenzialmente…

  • Luciano Sansone

    Agricoltura verticale? Forse la soluzione è più “terra terra” e forse è stata trovata da un italiano già nel 2006 :

    Un
    nuovo tipo di AGRICOLTURA senza OGM:
    sana, redditizia, è POSSIBILE ! con
    il Brevetto industriale n° 1372755 dal titolo “Meccanismo/serra a ruote panoramiche ”.La finalità del congegno è
    di affiancare un nuovo tipo di agricoltura a quella tradizionale a sviluppo
    planimetrico: si sviluppa in verticale. E’ una struttura meccanica coperta a forma di girarrosto/bobina. E’ fatta di vetroresina (vascone, colonne, pulegge,
    vasche, serbatoio, copertura) mentre le parti metalliche sono d’acciaio inox. E’ attivata dalla sola
    forza di gravità, soggetta a rotazione,
    con esposizione temporale delle colture alla luce del sole ed una migliore,
    naturale aereazione. Tra le pulegge
    della bobina sono inserite e longitudinalmente a esse agganciate n° 24 vasche
    ove l’humus, sempre adatto al tipo
    di coltura che si vuole praticare, è preparato
    “industrialmente”, con i sali minerali e i concimi giusti ed è riciclabile. Ne può fare ampio uso il vivaista ed è ideale per coltivarci tutti i tipi di verdura, fiori, piante
    aromatiche, fragole, ecc. Le dimensioni reali sono di ca. cinque metri di larghezza,
    profondità e altezza (fuori dal terreno) ma, se realizzata in scala ridotta
    (con piccole modifiche) può collocarsi su terrazzi
    e balconi, dando libero sfogo ai “contadini della domenica”. Triplica la superficie coltivabile
    perché sfrutta lo spazio aereo. Riduce
    dell’80% il fabbisogno d’acqua poiché
    mirata alle sole piantine e quella in eccesso viene recuperata . Consente agli
    addetti di lavorare da fermi e all’asciutto, evitando loro stancanti
    camminate nel fango e inutili piegamenti. Le colture sono protette dalle intemperie. Per
    saperne di più, contattare il Sig. Luciano Sansone al 388 7983413 che vi
    fornirà la documentazione riguardante il
    funzionamento, completa di particolari
    costruttivi.