Le rampicanti, piante per ogni esigenza
Il regno vegetale è come minimo sorprendente. Riesce a colonizzare con successo anche i luoghi più estremi del pianeta terra con una efficacia e un’ingegnosità incredibili. È il caso delle cactacee e delle succulente – dette comunemente piante grasse – che, grazie all’alto livello di specializzazione, riescono a vivere in luoghi inadatti alla vita come i deserti e gli habitat secchi in generale dove l’umidità è pressoché inesistente e le piogge rarissime.

Il segreto del loro successo si chiama ancora una volta evoluzione con la quale, nel corso della loro storia, hanno escogitato geniali soluzioni per contrastare l’ambiente ostile. Diminuire la traspirazione e la superficie delle foglie (ovvero l’organo di traspirazione più importante), le stesse foglie spesso trasformate in spine (oltre che a proteggere dagli animali le spine riescono, grazie alla loro forma, a condensare le gocce di rugiada), particolari cellule poste nel fusto e nelle foglie specializzate nell’accumulare l’acqua, rivestimento delle parti aeree con “isolanti” naturali (come le cere e la cutina) o con strati abbondanti di peli morti, questi ultimi – contenenti aria e quindi bianchi – hanno il duplice vantaggio di attenuare la luce del sole e creare un cuscinetto di aria immobile in grado di garantire quel minimo di umidità sufficiente alla sopravvivenza della pianta…
Queste sopra elencate sono solo alcune delle principali modifiche evolutive delle piante grasse che vantano circa 10.000 specie (1.500 circa le cactacee, la famiglia più nota delle succulente) e che sono sì presenti in tutto il mondo ma se siete dei veri appassionati di queste piante avete (per la ricchezza di specie presenti) due mete fondamentali dove recarvi: l’Africa meridionale e il Messico. La specializzazione arriva a tal punto che molte succulente, per disperdere meno umidità possibile, aprono i loro pori e assorbono anidride carbonica solo di notte quando l’evaporazione è minore; ma la fotosintesi, si sa, necessita dell’energia solare e allora ecco immagazzinato il gas in un acido organico dal quale, all’arrivo del sole, viene di nuovo estratta l’anidride carbonica in un incredibile processo chiamato metabolismo dell’acido crassulaceo (CAM).
Tornerò sicuramente sull’argomento analizzando magari le regole colturali delle principali specie, intanto date un’occhiata a questo sito (in inglese) che sembra avere un ricco database di queste bellissime piante.