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Finiamo la settimana con una notizia interessante in chiave”energia sostenibile”. Se si riuscisse a sfruttare in maniera ottimale l’illimitata energia del sole i gas serra derivati dall’uso dei combustibili fossili sarebbero un problema marginale se non inesistente. Purtroppo l’efficienza dei sistemi fotovoltaici è ancora bassa e questa tecnologia contribuisce solo in piccola parte alla domanda generale di energia.
Una nuova soluzione ai problemi legati all’energia solare e alla sua efficienza potrebbe giungere da una fonte inaspettata quanto comune perché spesso nei nostri piatti: il Pisum sativum, meglio conosciuto con il nome di pisello, potrebbe svolgere un ruolo importante nel nostro futuro energetico.

I ricercatori dell’Università di Tel Aviv hanno scoperto che alcuni microscopici cristalli che si trovano nella membrana cellulare dei piselli potrebbero un giorno essere usati in campo energetico, per esempio impiegati nelle nuove generazioni di celle fotovoltaiche.
La ricerca condotta dal professor Nathan Nelson del Dipartimento di biochimica dell’Università di Tel Aviv si basa sullo studio del fotosistema, un complesso multiproteico che gioca un ruolo da protagonista nel processo di fotosintesi durante la trasformazione della luce in energia utile alla vita vegetale. Per produrre questa energia le piante nel corso della loro evoluzione hanno imparato a trasformare la luce in zuccheri utili al loro sostentamento e sono diventate nel tempo delle “nano-macchine” molto sofisticate capaci di raggiungere un’efficienza di rendimento pari al 100%.
Studiando quei meccanismi che stanno alla base della fotosintesi clorofilliana, e concentrandosi proprio sul funzionamento del fotosistema, il team guidato da Nelson ha isolato i cristalli prelevati dai piselli, li ha disposti su una lastra di oro e li ha illuminati constatando, con un certo stupore, che riuscivano a generare una tensione di 10 volt.
L’energia in ballo è poca e il gruppo di lavoro per il momento ha ottenuto celle di piccole dimensioni, dell’ordine dei 3 mm, ma lo studio non si ferma qui e si sta lavorando a questo problema, risolto il quale si potrebbero  aprire strade potenzialmente davvero interessanti.
Certo, qualsiasi direzione prenda la scoperta, nessuno dei ricercatori ha la pretesa di arrivare neanche vicino al rendimento raggiunto dalla natura, ma già raggiungere un’efficienza del 20% sarebbe un buon inizio e già a questi livelli la tecnologia derivata dalla ricerca potrebbe trovare comunque importanti applicazioni in determinati aspetti della nostra vita tecnologica.
Il tutto grazie, ancora una volta, alle meraviglie del Regno vegetale.
Foto di zaser