Provate a cercare su un motore di ricerca la parola “capitozzare”: dai risultati della ricerca, e all’unanimità, questa pratica di potatura viene indicata come del tutto errata ma nonostante questo risulta ancora oggi molto comune e anzi sembra addirittura in aumento, praticata anche da sedicenti professionisti dell’arboricoltura. Eppure non c’è niente di più dannoso e pericoloso di trattare gli alberi con questa “tecnica”. Già ma cosa si intende per capitozzare?
Con questo termine ci si riferisce al taglio della cima di un fusto arboreo e dei suoi rami principali, taglio che riduce il tutto a dei monconi; per capire meglio di cosa si tratta però ci aiuta uno dei suoi sinonimi e cioè “decapitare”. Certo non si hanno, almeno nell’immediato, gli stessi effetti della decapitazione di un animale ma alla lunga questa operazione può portare gli alberi alle stesse disastrose conseguenze. Vediamo quali.

1) Piante sotto pressione
Gli alberi sottoposti a capitozzatura vedono ridurre o sparire del tutto la loro chioma. Ovviamente la cosa non li mette troppo bene perché senza la chioma le piante possono trovarsi per un certo periodo nell’impossibilità di produrre l’energia necessaria al loro sostentamento con l’inevitabile conseguenza di subire uno stress non indifferente.

2) Effetto contrario
Uno dei motivi principali per i quali si ricorre a questa pratica è la riduzione delle dimensioni degli alberi ma, per paradossale che possa sembrare, la capitozzatura scaturisce esattamente l’effetto contrario. Menomati della chioma gli alberi cercano di ricrearla il più velocemente possibile e forzano la crescita delle nuove gemme con il risultato di vedere la nuova vegetazione crescere molto rapidamente allo scopo di riguadagnare il tempo perduto e ritornare in pochi anni alle dimensioni di prima dell’intervento, vanificando in pratica tutta l’operazione.

3) Crescita compromessa
Come si è già detto dopo la capitozzatura l’obiettivo primario dell’albero è quello di ricreare il più velocemente possibile una chioma con la quale poi tornare a vivere normalmente ma per far questo è costretto ad attingere alle energie di riserva che la pianta può aver immagazzinato durante la sua esistenza; se queste energie non sono però sufficienti, o peggio ancora non sono disponibili, l’albero rischia grosso e non è raro che rimanga seriamente danneggiato o peggio ancora che muoia.

4) Vulnerabilità
Un altro grosso guaio creato dalla capitozzatura è rappresentato dalle grandi ferite che questa causa alle piante. Questi tagli estesi, che la pianta stenta a risarcire (spesso non riuscendoci), possono essere soggetti all’attacco degli insetti infestanti o da quelli di natura fungina come la carie, attacchi ai quali l’albero non può contrapporre nessuna difesa. Questi tessuti tagliati vengono esposti inoltre alle intemperie che causano altri problemi agli alberi mentre l’assenza della chioma espone fusto e rami a un’eccessiva irradiazione solare che provoca spaccature e altri pericoli.

5) Piante pericolose
Un altro motivo che spinge alla capitozzatura è quello di ritenere un albero pericoloso a causa delle sue dimensioni. Anche in questo caso, paradossalmente, si ottiene l’esatto contrario. Da una pianta di solito robusta, stabile e sicura se ne ottiene una indebolita e pericolosa perché i nuovi rami, spinti da una crescita troppo rapida, si sviluppano più deboli e soggetti a rottura, anche quando saranno cresciuti; l’alto numero di polloni prodotti dalla crescita forzata vanno poi a impesantire l’albero e offrono una maggiore superficie al vento e alla neve che possono rendere facilmente instabile la pianta.

6) Ma che bruttura!
Non c’è niente di più brutto di albero capitozzato, almeno tra le piante. Privo di foglie e di chioma, con i soli e orrendi monconi a svettare solitari, un abero così trattato risulta innaturale e sfigurato e anche se ci proverà con tutte le sue forze non riuscirà mai a ritrovare la bellezza e l’armonia di una forma naturale

7) E che costi!
Contrariamente a quanto si pensa la capitozzatura è tutt’altro che economica, anzi! L’onerosità non è data dal costo dell’operazione in sé ma piuttosto dalle conseguenze scaturite da questo tipo di intervento. Innanzitutto, se l’albero sopravvive, occorreranno negli anni a seguire diverse potature per contenere la forma se viceversa l’albero muore si dovranno spendere soldi per l’abbattimento e la rimozione. In presenza di una propietà privata poi un albero antiestetico perché capitozzato può far perdere valore all’immobile, valore che può viceversa aumentare se nella proprietà è presente un albero bello e in salute. Ma il costo che potrebbe rivelarsi davvero alto è quello relativo alla sicurezza perché eventuali risarcimenti per danni causati dalla nostra pianta a cose e/o persone possono risultare piuttosto salati, senza contare che la capitozzatura può portare a un’accusa di negligenza in tribunale…

  • Sono pienamente d’accordo se i sette motivi si riferiscono ad un albero coltivato a fini ornamentali ma se la coltivazione viene effettuata per la produzione di legna, come potrebbe essere nel caso del Salice(?) della foto la capitozzatura, secondo me, u00e8 pienamente giustificabile.

  • Cetto

    anche se so che questo u00e8 un blog apolitico mi permetterei un commento bipartisan “invece di capitozzare gli alberi capitozziamo i politici!”

  • Stefano

    Devo farti un’appunto Gianni, anche se i motivi che citi sono giusti dal punto di vista fisiologico. La capitozzatura, nel senso stretto del termine, si riferisce a una operazione di taglio fatta sul fusto ma non sui rami. Quelle che si vedono in ambiente urbano sono le potature a candelabro, che interessano rami di diametro minore e che quindi su00ec asportano la totalitu00e0 della chioma, ma u00e8 anche vero che la pianta riesce a cicatrizzare i tagli (che se noti vengono fatti non orizzontali ma obliqui, evitando i ristagni d’acqua e l’insorgere di funghi). Parlando di taglio di grossi rami, laddove si formano cavitu00e0 dovute alla mancata cicatrizzazione, viene “tappato” il buco con cemento, che ha anche una funzione maccanica.nE’ anche vero che in ambiente urbano le piante andrebbero educate sin dall’impianto in fase giovanile, in modo tale da tagliare meno in seguito e indirizzare la crescita naturalmente. Quello che si opera sui salici per fare i vinchi si chiama “sgamollo” e non u00e8 generalmente dannoso in quanto si tagliano sempre rami di un anno, che la pianta riesce bene a cicatrizzare.

  • Gianni

    Ciao Stefano, ottima puntualizzazione come sempre anche se credo tu possa comunque concordare con me circa l’assurdo abuso di questa pratica che crea comunque un notevole stress per gli alberi a fronte di una potatura corretta che stimola la crescita e non crea problemi alle piante.

  • Stefano

    esatto Gianni!

  • Mirco

    Caro Stefano, noto con dispiacere che ancora oggi si conoscono poco le definizioni recenti soprattutto se si parla di capitozzatura.
    Per capitozzatura si intende l’interruzione della crescita apicale (eliminazione del meristema apicale che inibisce la crescita delle gemme sottostanti) con tagli di qualsiasi diametro che non permettano la sostituzione dell’apice eliminato con un’altro apice posto su un ramo di dimensione inferiore a quello tagliato ma con diametro di almeno un terzo dello stesso (effettuato come potrai ben capire con taglio di ritorno).
    La pratica alla quale ti riferisci tu, quella del candelabro, è ben altra cosa poichè la struttura viene creata con gli anni e fin dalle prime fasi di crescita dell’albero con interventi di potatura distanziati al massimo di 2 anni uno dall’altro.
    Quello che purtroppo si vede in giro è solo una forma di “capitozzo candelabrato” che arreca danni enormi sia in termini di staticità della pianta con conseguente autoriduzione dell’apparato radicale sia in termini energetici costringendola a ricorrere all’utilizzo di tutte le sostanze di riserva accumulate per riemettere vegetazione avventizia sconsiderata ed irrazionale.
    In riferimento all’utilizzo di cemento all’interno di cavità formatesi a seguito di interventi drastici di potatura, se così si vuol chiamare, è quantomai sconsiderato utilizzare tale pratica in quanto  si va a ridurre in modo considerevole la dinamicità fitostatica della pianta che perde in quel punto l’elasticità del legno, senza considerare le conseguenze a livello patogeno.
    Mi permetto di farti un appunto anche sulla cicatrizzazione del tagli:
    qualsiasi taglio che non sia effettuato in prossimità di una biforcazione o del collare del ramo non ha capacità cicatrizzanti, ogni taglio superiore a diametro 10 cm cicatrizza con tempi che superano i 15 anni rimanendo nel frattempo alla mercè di agenti patogeni, l’asportazione di oltre il 20% della massa fogliare di un albero comporta per lo stesso  uno stress energetico e radicale i cui effetti si noteranno solo con il tempo.
    A conferma di quanto ho scritto invito tutti i lettori a leggere la seguente bibliografia:
    Alex shigo compendio di arboricoltura moderna
    claus mattheck la meccanica applicata all’albero
    luigi Sani  la Valutazione integrata dell’albero
    Giovanni Morelli Giganti da proteggere
    e altri ancora 
    e a visitare i siti internet di:
    società italiana di arboricoltura
    scuola agraria del parco di monza
    centro di ricerche agroambientali Enrico Avanzi universita di Pisa
    Grazie a tutti e buon lavoro

  • Matteo

    Se volete vedere alcune tra le colonne di legno più “belle” del mondo venite a Treviso, dove capitozzare, candelabrare o devastare gli alberi sta diventando il passatempo preferito non solo dei sedicenti Giardinieri (molti dei quali si considerano tali perchè in possesso di una motosega, un caschetto e un carrello elevatore), ma bensì di chiunque possegga un albero. E creare uno dei paesaggi più tristi del mondo diventa semplicissimo!

  • antonio

    quella in foto non è un salice ma un’acacia ed è stata capitozzata, caso molto raro per le acacie che di solito  vengono allevate per la legna da ardere e quindi tagliate alla base, perchè essendo posta a segnare un confine  la sua chioma disturba la coltivazione del campo limitrofo.
    voglio ricordare che un albero viene capitozzato solo quando la sua chioma è troppo invadente e può diventare pericoloso in caso di forte maltmpo.
    oppure perchè magari troppo vicino ad un edificio .
    in passato gli alberi venivano capitozzati per motivi pratici, il gelso per le foglie per i bachi, il salice per i legacci e per le crivole, altri alberi per ricavarne tutori su misura per l’orto o per le vigne.
    la capitozzatura se ben fatta non nuoce alla pianta.
    un tempo ci tenevano a che la pianta vivesse il più a lungo possibile, lacapitozzatura era un’arte.