Cartoline da Parigi, il Parc André Citroën
Altra meta dell’itinerario “verde” di Parigi che non potete perdervi nel vostro prossimo viaggio nella capitale francese: si tratta del Parc André-Citroën nel quartiere Javel, nel 15° Arrondissement, in assoluto lo spazio verde più originale di tutta la città.
Florablog – La Flora di Parigi
L’area dove sorge il parco ha conosciuto nel corso del tempo molti cambiamenti. Nel XVI secolo luogo semi abbandonato e dedito all’agricoltura fino al 1778, quando è diventato famoso per la fabbrica chimica lì sorta che ha cominciato a produrre candeggina, talmente famoso che la candeggina in francese si dice Eau de Javel. Durante il XIX il sito ha proseguito la sua industrializzazione ospitando una acciaieria. Nel corso della prima guerra mondiale André Citroën installa qui una fabbrica di munizioni la cui produzione è garantita da una forza lavoro prevalentemente femminile. Finita la guerra Citroën converte la fabbrica di munizioni in fabbrica di auto e il resto è storia. Si arriva così agli inizi degli anni ’70 del secolo scorso quando la Citroën sposta la produzione fuori dalla città e vende la vasta area al comune di Parigi che per un po’ non sa bene cosa farne. Si decide nel 1984 quando indice indice un concorso internazionale per scegliere il progetto del parco. A vincerlo non è un solo progetto bensì due: uno proposto da Jean Paul Viguier e  Alain Provost, e l’altro da Patrick Berger e Gilles Clément (già incontrato per il giardino del Musée du quai Branly). Dall’unione dei due progetti ne nasce un terzo che è poi il parco come lo conosciamo oggi.

L’originale progetto si estende su un’area di 13 ettari proprio lungo la Senna e propone una stimolante serie di elementi che utilizza le piante, le architetture e l’acqua per garantire al visitature un’esperienza multisensoriale. Percorrendo la diagonale di circa 800 metri che attraversa tutto il parco si assiste al continuo cambio di panorama che appare così in costante evoluzione.
Semplificando un po’ le cose il parco è diviso in tre parti:
il giardino bianco, concepito per il gioco e le passeggiate e dove piante perenni propongono per lo più fioriture bianche;
il giardino nero, pensato per una rilassarsi e contraddistinto da una più fitta vegetazione dal fogliame verde scuro. (pini, rododendri, querce ecc.);
il grande parco centrale, composto a sua volta da un grande prato (purtroppo durante la mia visita recintato per lavori) che in primavera si riempie dei parigini desiderosi di un po’ di sole e sul quale è adagiata la mongolfiera di air du Paris (e credo si possa fare pure uno spettacolare giretto) , da due serre di  notevoli dimensioni (adibite una ad aranceto e l’altra a giardino mediterraneo) con nel mezzo una strepitosa fontana costituita da getti d’acqua “danzanti”, dai giardini in serie e dal giardino in movimento. Quest’ultimo, lasciato crescere (quasi) spontaneo e quindi un po’ selvaggio, contrasta con i giardini in serie che sono invece concettuali, super costruiti e molto simbolici. Sono chiamati con i nomi dei colori e a ognuno di essi è associato un metallo, un pianeta, un giorno della settimana, una delle forme con le quali si manifesta l’acqua e uno dei sensi. Più nel dettaglio:
al giardino blu sono associati il rame, Venere, il Venerdì, la pioggia e l’olfatto;
al giardino verde lo stagno, Giove, il Giovedì, la fonte e l’udito;
al giardino arancio il mercurio (metallo), Mercurio (pianeta),il Mercoledì, il torrente e il tatto;
al giardino rosso il ferro, Marte, il Martedì, la cascata e il gusto;
al giardino argento appunto l’argento, la Luna, il Lunedì, il fiume e la vista;
al giardino d’oro l’oro, il Sole, la Domenica, il vapore e il sesto senso.
I periodi migliori per visitare i vari giardini sono: inizio maggio per il giardino bianco e il giardino nero, la fine di maggio per i fiori di campo di quello “in movimento”; prima metà di giungno per i papaveri e le salvie del “rosso”, le rose e le ieracie dell'”arancione” e gli iris e i lupini del “blu”; fine giugno per il giardino verde e settembre per quelli d’oro e d’argento.

Insomma, nell’insieme un approccio al giardino molto originale e che difficilmente vedrete altrove, senz’altro meritevole di una visita. Per vedere come pure in questo caso i parigini riescano ad impossessarsi dello spazio-giardino per leggere, discutere, riposarsi (ci sono perfino i lettini ergonomici di design!), mangiare, fare sport, in una parola: viverlo.
E allora sorge spontanea una domanda, anzi due: potrebbe mai esistere in Italia un parco così? e se sì, si riuscirebbe a sfruttarlo come i cugini d’oltralpe o si trasformerebbe – come quasi (senza quasi…) sempre succede – in un luogo squallido, lasciato a sé stesso e poco raccomandabile? Aspettate, so già le risposte….