La farfara (Tussilago farfara L.), della famiglia delle Asteraceae, originaria dell’Europa, dell’Asia e dell’Africa settentrionale è una pianta erbacea perenne che cresce dappertutto, ma preferisce i luoghi umidi e i terreni argillosi. All’inizio la farfara fu classificata come pianta priva di foglie, dato che i fiori sbocciano direttamente dal terreno e muoiono giorni o addirittura settimane prima che si vedano le foglie. Provvista di un grosso rizoma, gli steli sono pelosi ed eretti mentre i fiori sono di colore giallo e compaiono da febbraio ad aprile, proprio in questo periodo, ed è quindi considerata una pianta primaverile. Questo è il momento della raccolta dei fiori (le foglie si raccolgono ad inizio estate), e questo sarebbe il momento di usarla, soprattutto per chi soffre degli ultimi attacchi di tosse e di catarri invernali; gli infusi di farfara sono infatti utilizzati come rimedio mucolitico e sedativo della tosse e come espettoranti. Si narra che ai tempi di Plinio la farfara era considerata già allora, uno dei migliori rimedi contro la tosse.
Le parti utilizzate nella raccolta sono le foglie e i fiori.I principi attivi della pianta sono le mucillagini, i polifenoli, i tannini, gli zuccheri, i sali minerali, le saponine, un glucoside (tussilagina) e un olio essenziale.
La farfara è forse la pianta officinale più apprezzata contro la tosse, ma sono riconosciute anche le sue qualità contro le affezioni della pelle: ha infatti proprietà astringenti, emollienti e lenitive.
Per uso esterno è un ottimo decongestionante. Secondo gli esperti, un impacco di fiori spalmato sul viso è una buona maschera antirughe, mentre l’impacco con le foglie fresche risulta efficace per pelli infiammate e con acne. Impacchi di foglie e fiori, secondo un antica cura, possono migliorare le distorsioni e ridurre il gonfiore.
Per chi soffre di tosse e catarro versare in una tazza di acqua calda un cucchiaino di foglie di farfara essiccata e lasciare in infusione per 3 o 4 minuti, filtrare e bere 2 tazze al giorno, per periodi brevi che non superino i 10 giorni. Si può usare il miele per indolcire la bevanda.
La farfara contiene alcaloidi pirrolizidinici epatotossici nell’uomo (responsabili della malattia veno-occlusiva) e negli animali da esperimento. Alcuni sono carcinogenetici negli animali, inoltre la senkirkina, il principale alcaloide, è mutagena e incrementa la crescita di adenomi epatici nei ratti.

L’estratto di farfara non dovrebbe essere utilizzato a scopo medicinale, per questo gli studiosi consigliano i più sicuri infusi e tisane. Come sempre, consultate comunque il medico prima di qualsiasi assunzione.
Foto di Harald52